Samhain non è Halloween
La festa di Halloween famosa in tutto il mondo ha radici nell’antica festività celtica di Samhain, ma oggi rappresenta solo l’ottava bassa di quest’ultima.
Samhain segnava la fine dell’anno celtico e l’inizio dell’anno uovo (una sorta di Capodanno), pertanto tra le festività era la più importante.
L’accensione del fuoco in questa celebrazione simboleggiava il tentativo dell’uomo di accompagnare il sole, che in questo periodo dell’anno apparentemente si “indeboliva”. Il fuoco è la controparte terrena del sole ed esprime bene l’impotenza umana davanti al travolgente senso del deperimento della natura all’arrivo dell’inverno.
Poiché Samhain fa da congiunzione tra le due metà dell’anno, essa è “sospesa nel tempo”, in quanto non appartenente né all’anno vecchio né al nuovo. Durante questa notte – in cui si celebrano le persone care che non ci sono più – il velo tra il mondo dei vivi e quello dei morti si assottiglia, permettendone l’incontro. Si celebra inoltre quella morte interiore che precede il rinnovamento e la rinascita, poiché si ha l’occasione di entrare in contatto con le proprie paure ed emozioni, che possono così essere trasmutate.
Ad Avalon, a Samhain si celebra la dea Crona (l’anziana, la saggia, la “befana”) nei suoi diversi aspetti – Ceridwen, Sheela na Gig, Morrigan e altre – e si accede al suo mondo sotterraneo, entrando in contatto con ciò che si nasconde nel profondo e lasciando andare ciò che non serve più.
Non si tratta dell’oscurità in senso negativo, come invece quella di Halloween con i suoi mostri e le sue streghe cattive, ma del buio che ci portiamo dentro e che ora abbiamo l’occasione di far uscire e, come detto prima, trasmutare. È l’oscurità che porta riposo, rinnovamento e rinascita.
“Sto cercando di ricordare quanti anni sono passati dal mio arrivo qui insieme alla vecchia madre… la luna era più a sud, perché era il tempo del raccolto e si avvicinavano i giorni bui di Samhain, sul finire dell’anno. Fu un inverno terribile, anche ad Avalon […] Allora ero una fanciulla, i seni non mi erano ancora cresciuti, mentre adesso sono una vecchia… una vecchia decrepita… oh, sono passati così tanti anni.” – M. Z. Bradley, Le nebbie di Avalon